Acqua del sindaco doc
Sono già 1.014 i ristoranti e bar segnalati sul sito internet www. imbrocchiamola.org , che raccoglie l'elenco dei locali che servono - o non servono - acqua del rubinetto. E sono ben 810, oltre l'ottanta per cento, quelli che lo fanno. La campagna «imbrocchiamola» è nata nella primavera del 2007 da un'idea dei «consumatori» di Firenze, ed è stata poi promossa su scala nazionale dalla rivista Alt/economia. Si basa si tre principi. Il primo è che ogni esercizio commerciale in cui si somministrano alimenti deve disporre di acqua potabile (altrimenti non potrebbe lavorare, come attestato dalla autorizzazione igienico sanitaria: legge numero 283 del 1962, regolamento comunitario 852/2004).Il secondo: non esiste nessun obbligo di legge a vendere acqua minerale in bottiglia (una confusione era nata nel 2005, in seguito al decreto del ministro Marzano che aveva introdotto le monodosi: l'equivoco è stato poi chiarito da una circolare dello stesso ministro, secondo cui nulla è cambiato riguardo la somministrazione di acqua sfusa, cioè di rubinetto: lo spiega Altre-conomia in un «volantino» scaricabile sul suo sito web). Infine, nessun esercizio può rifiutare acqua del rubinetto: si può eventualmente discutere se tale servizio vada pagato o meno -porebbe essere incluso nel coperto, com'è sempre stato. In dodici mesi, la campagna «imbrocchiamola» ha fatto parecchia strada. Ieri, 30 settembre, a Bari Legambien-te Puglia e Alt/economia hanno lanciato, insieme a Acquedotto pugliese (Aqp) una iniziativa rivolta a tutti i locali pubblici della regione, in collaborazione con Confcommercio. Gli esercizi che aderiscono esibiranno depliant con lo slogan: «Perché ti serviamo l'acqua di rubinetto in brocca?» - sul retro sarà pubblicata l'etichetta con le analisi dell'acqua di rubinetto del luogo, campagna che l'Aqp aveva già cominciato sul proprio sito web. «Così facciamo campagna allo stesso tempo per la riduzione degli imballaggi, come le bottiglie di plastica, e rilanciamo l'iniziativa dell'Acquedotto Pugliese sulla qualità dell'acqua del rubinetto», spiega Aldo Fusaro di Legambien-te Puglia. La campagna servirà, si spera, a rimpinguare la lista dei ristoranti pugliesi sul sito di «imbrocchiamola»: al momento sono solo 15. A Milano sono però una trentina: sulla porta d'ingresso hanno attaccato una vetrofania con il logo della campagna, chi entra e chiede l'acqua del sindaco può essere sicuro che non sarà maltrattato (I ristoratori che vogliano aderire a «imbrocchiamola» possono chiedere la vetrofania scrivendo a http://www.blogger.com/ o telefonare allo 02 8324 2526).Intanto la campagna conquista anche i consigli comunali: come quello di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, nelle Marche, ha approvato a metà di settembre una «mozione urgente per portare acqua in brocca sulle tavole dei ristoranti», promossa dal gruppo consiliare Bene Comune. La mozione impegna il sindaco a «favorire informazioni tali da permettere anche nei locali pubblici, a chi lo chieda, di poter ricevere acqua in brocca; a favorire mediante gli organi di stampa comunali (...) un più ampio uso del'acqua di rubinetto; a rendere noti i periodici esami svolti dal servizio idrico sulle caratteristiche dell'acqua dell'acquedotto per stimolare i cittadini all'uso dell'acqua di rubinetto». Tre passi semplici, per tornare a considerare normale bere acqua di rubinetto: in fondo lo era, prima che la pubblicità delle aziende che imbottigliano acqua ci affogasse.
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