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giovedì 9 ottobre 2008

Certificazione di Morte per i Servizi Sociali


Casse vuote, diritti negati: così Tursi dimentica gli ultimi

di don Paolo Farinella


«Servizi Sociali!» - chi erano codesti? Erano il segno di una politica che in nome della «civiltà» attraverso le amministrazioni locali arrivavano a lenire le sofferenze e gli incubi di molte famiglie stritolate nell’ingranaggio del libero mercato e dell’indecente liberismo proprio del capitalismo. Da alcuni anni è «profondo rosso» per scelte consapevoli di un governo e di una maggioranza che col «sociale» fanno i gargarismi, utili a commuovere qualche prelato, ma che di fatto mandano al macero degli stracci coloro che essi ritengono improduttivi e di peso alla società del beauty-farm così familiare all’attuale presidente del consiglio pro tempore. Il governo e la maggioranza di destra che in campagna elettorale hanno suonato le trombe e le campane del «federalismo fiscale», hanno iniziato la legislatura con l’abolizione dell’ici, l’unica tassa federalista riscossa dai Comuni. La gente c’è cascata come pere cotte al vin brûlé. Ha guadagnato pochi euro di ici e la certificazione di morte dei Servizi Sociali. I Comuni hanno buon gioco a dire che «non ci sono soldi. Nel 2009 sarà peggio. L’amministrazione comunale di centro-sinistra non ha dato alcun segno di discontinuità con le scelte «sociali» del governo, ma continua a ripetere come un disco incantato che «non ci sono soldi». Non è necessario essere Sindaco e Assessore per constatare l’ovvietà della «casa vuota». Tutti sono capaci ad amministrare così. Essi sono stati messi lì per risolvere i problemi e trovare i soldi necessari alla sopravvivenza di chi non ha più una parvenza di vita, di chi non ha aspettative di futuro, di chi ogni giorno si sveglia col terrore della vita che incombe: ancora un altro giorno!. Ho fatto un piccolo sondaggio casalingo senza presunzione di scientificità, ed emerge che tutti gli operatori sociali sul campo sono unanimi: c’è gente che ha ricevuto da più di due anni la lettera del Comune che riconosce il diritto ad avere un aiuto economico, magari in attesa della pensione di invalidità, e che riguarda bollette di luce e di gas, rate di misero affitto, ma gravoso per buona parte degli utenti dei sedicenti Servizi Sociali. A costoro, il Comune dice: lei ha diritto all’aiuto, noi lo riconosciamo, ma non abbiamo soldi. Ripassi il prossimo anno. Non so se il Sindaco (donna) e l’assessore (donna) si rendano conto che codesto modo non é solo offensivo della dignità dei poveri, non solo disattende la Costituzione, non solo nega il diritto mentre lo riconosce, ma è un omicidio premeditato, perpetrato per le mani di un’amministrazione di centro-sinistra che se non si distingue per la scelta politica di aiutare gli ultimi, non si capisce che cosa ci stia a fare al governo della città di Genova. Qualche mese fa abbiamo appreso dalle colonne di questo giornale che anche i «Santi vanno all’inferno» se don Luigi Traverso di San Siro ha dichiarato che vuole gettare la spugna perché è impossibile rispondere alle richieste dei poveri. Le nostre parrocchie sono assediate ogni giorno e noi si risponde in silenzio come si può: conosco parroci che spendono tutto il loro stipendio in assistenza e non lo mettono a bilancio, ma ciò non giustifica un Comune che ha il dovere costituzionale di dare risposte immediate e risolutive. Altrimenti è meglio che il Sindaco porti la chiave di Tursi in tribunale per impossibilità amministrativa. Invece di cercare sponsor per inutili notti bianchi, forse sarebbe meglio cercarli per dare un volto umano alla civiltà della convivenza civile perché non si tiene in vita un assessorato solo per mantenere a stipendio gli impiegati da scrivania che non hanno mai incontrato un «caso sociale» in carne e ossa, con buona pace dei poveri che dovrebbero servire. Su questo argomento decisivo per l’amministrazione locale e per la democrazia, bisognerà ritornare.

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