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mercoledì 15 ottobre 2008

Tre preti genovesi dalla parte degli ultimi. Non lasciamoli soli.








Della voce del popolo si sono fatti carico nelle ultime settimane tre preti. A qualcuno può dispiacere ma se le cose stanno così perché non dirlo? Alla città e ai suoi amministratori questi preti hanno detto -a modo loro, si capisce- che si deve cambiare. Che per qualcuno, i ricchi, gli speculatori, i corruttori, i fannulloni magari va benissimo ma per gli altri - quelli che vogliono una città ospitale, solidale, curiosa, le cose vanno male, molto male. Per primo ha parlato don Luigi Traverso (Repubblica-Lavoro, 23 settembre), mitico parroco di San Siro, uno che ha sempre fuggito il palcoscenico e ha aperto la sua chiesa e le sue tasche a tutti e in tutti i modi. Ha detto semplicemente: scusate ma siamo arrivati al capolinea, le necessità ci sommergono, davvero non ce la facciamo più. Da allora son passati giorni ma nessuno di quelli che contano gli ha chiesto cosa vede dal suo osservatorio e cosa si dovrebbe o potrebbe fare. Non si tratta di metterlo in lista per dargli il grifo ma almeno di ascoltarlo. L'8 ottobre Don Paolo Farinella con una lettera su Repubblica-Lavoro ha chiamato direttamente in causa gli amministratori. I servizi sociali sono morti, ha scritto, e voi continuate a ripeterci "come un disco incantato" che non ci sono i soldi. E' vero, lo sappiamo: la cassa è vuota ma voi cosa ci state a fare al governo di questa città? Per ripetercelo? Se è solo per questo potete anche chiudere bottega e portare la chiave del comune in tribunale. Non si tiene aperto un comune solo per mantenerne in vita le strutture (ndr, a maggior ragione quando pesano per il 90% sul bilancio comunale). Il 9 ottobre (Repubblica) è stata la volta di Don Andrea Gallo, della Comunità di san Benedetto. "Come uomo, cristiano, prete coordinatore di comunità, mi colloco con indignazione dalla parte dei cittadini che vogliono reagire". A cosa? Ai tartufi che si nascondono dietro al democraticissimo voto del Municipio del Centro Est che rifiuta la costruzione della moschea. Negare la libertà di culto, scrive Andrea, significa cancellare la Costituzione. Gli amministratori della città non devono chiamare i cittadini a referendum sulla Costituzione ma a farla rispettare. Non possono nascondersi dietro decisioni incompatibili con i fondamenti della nostra democrazia. La smettano di "frenare e rimandare". Non sarà facile, aggiunge, ma è la sola strada, ancorché faticosa, per battere l'intolleranza. Dei tre solo don Farinella s'è guadagnato una risposta. Gliel'hanno dato su Repubblica del 12 ottobre l'assessore al bilancio e quello alle politiche socio sanitarie. Numero per numero gli hanno riletto le voci di bilancio con cui loro hanno dovuto fare i conti e come hanno cercato di salvare il salvabile e comunque di nuovo hanno ripetuto "come un disco rotto" le loro ragioni: l'abolizione dell'Ici, i mancati trasferimenti ecc. Peccato che abbiano dimenticato di rispondere alla domanda principale: tenete in piedi un comune (che pesa per il 90% della spesa) solo per “mantenere degli impiegati”? (m.c.)

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