Ricevo ed inoltro
Pino Parisi
I resoconti che arrivano dal paese egiziano di El Arish, a cinquanta chilometri dal confine con Israele, potrebbero rivelare al mondo l´ennesimo spreco scandaloso di aiuti umanitari. Secondo i volontari dell´associazione genovese Music for Peace, bloccati ormai da venti giorni con il loro carico di 36 tonnellate di cibo, sarebbero, a stare anche alla denuncia dell´Autorità nazionale Palestinese, oltre diecimila le tonnellate di prodotti alimentari ferme a marcire sotto il sole, nei container parcheggiati nella città di 115 mila abitanti affacciata sul Mediterraneo.Stefano Rebora e gli altri volontari di Music for Peace sono partiti da Genova il 9 marzo in aereo. Quattro container erano arrivati al porto di Alessandria l´11 marzo e sdoganati il 16.La loro destinazione era la striscia di Gaza per portare gli aiuti, raccolti a Genova e in Liguria, alla popolazione palestinese che sta soffrendo le conseguenze delle operazioni militari israeliane. Ma dall´Egitto sono transitati solo i due container con i farmaci. Gli alimentari sono stati confinati nei depositi dell´organizzazione World Food Program assieme ad altre migliaia di tonnellate di prodotti provenienti da tutto il mondo.Le procedure per riuscire a convincere le autorità egiziane e israeliane a liberare il carico sono complicatissime.«Oggi, quasi con stupore, vediamo le 36 tonnellate del nostro carico imballate in pallets, come Egitto e Israele desiderano. L´ennesima richiesta delle autorità è stata esaudita. Quali saranno le prossime…?» si chiedevano ieri sul loro diario on line (http://www.creatividellan/ottemusicforpeace.org) i volontari genovesi.Stefano Rebora, presidente dell´associazione: «Una tarantella burocratica impressionante, in 14 missioni mai riscontrate tante difficoltà, o per meglio dire, l´impossibilità di portare gli aiuti a destinazione come in questo caso. Chiediamo aiuto alla Farnesina, cui abbiamo già rivolto numerosi appelli attraverso l´ambasciata. Sulla parola c´è l´impegno di tutti, i risultati però non ci sono».
Marco Preve
Pino Parisi
I resoconti che arrivano dal paese egiziano di El Arish, a cinquanta chilometri dal confine con Israele, potrebbero rivelare al mondo l´ennesimo spreco scandaloso di aiuti umanitari. Secondo i volontari dell´associazione genovese Music for Peace, bloccati ormai da venti giorni con il loro carico di 36 tonnellate di cibo, sarebbero, a stare anche alla denuncia dell´Autorità nazionale Palestinese, oltre diecimila le tonnellate di prodotti alimentari ferme a marcire sotto il sole, nei container parcheggiati nella città di 115 mila abitanti affacciata sul Mediterraneo.Stefano Rebora e gli altri volontari di Music for Peace sono partiti da Genova il 9 marzo in aereo. Quattro container erano arrivati al porto di Alessandria l´11 marzo e sdoganati il 16.La loro destinazione era la striscia di Gaza per portare gli aiuti, raccolti a Genova e in Liguria, alla popolazione palestinese che sta soffrendo le conseguenze delle operazioni militari israeliane. Ma dall´Egitto sono transitati solo i due container con i farmaci. Gli alimentari sono stati confinati nei depositi dell´organizzazione World Food Program assieme ad altre migliaia di tonnellate di prodotti provenienti da tutto il mondo.Le procedure per riuscire a convincere le autorità egiziane e israeliane a liberare il carico sono complicatissime.«Oggi, quasi con stupore, vediamo le 36 tonnellate del nostro carico imballate in pallets, come Egitto e Israele desiderano. L´ennesima richiesta delle autorità è stata esaudita. Quali saranno le prossime…?» si chiedevano ieri sul loro diario on line (http://www.creatividellan/ottemusicforpeace.org) i volontari genovesi.Stefano Rebora, presidente dell´associazione: «Una tarantella burocratica impressionante, in 14 missioni mai riscontrate tante difficoltà, o per meglio dire, l´impossibilità di portare gli aiuti a destinazione come in questo caso. Chiediamo aiuto alla Farnesina, cui abbiamo già rivolto numerosi appelli attraverso l´ambasciata. Sulla parola c´è l´impegno di tutti, i risultati però non ci sono».
Marco Preve
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