Riceviamo e pubblichiamo una nota di Walter Massa e Gabriele Taddeo, presidenti di Arci Liguria e Arci Genova, in merito alla sentenza d’appello sui fatti della Diaz.
“Forse per la maggior parte delle persone è solo l'ennesima puntata dell'ennesimo giallo italiano. Un'altra pagina di oscuri intrighi che hanno costellato la storia italiana del dopoguerra. Ma per quelle 300.000 persone che nel luglio 2001 hanno vissuto la dicotomia straniante di quei giorni - prima festa e confronto culturale poi violenza e barbarie autoritaria - questa sentenza è un altro elemento di fiducia per continuare a chiedere verità e giustizia. Per non credere, anche noi , di aver vissuto quei giorni in una bolla temporale parallela. La sera della Diaz molti di noi erano già andati a casa a riposare dopo le fatiche organizzative e la tensione emotiva di quei giorni. Alcuni stavano ancora discutendo, anche a cena, dell'incredibile manifestazione pomeridiana. Incredibile sia in termini di partecipazione, sia per le cariche della polizia sui manifestanti. Quando cominciarono ad arrivare le telefonate drammatiche su quello che stava accadendo al media center del Genoa social forum e all'antistante scuola Pascoli, ci precipitammo in via Battisti. Quello che vedemmo rimarrà per sempre impresso nella memoria di ognuno di noi.
Urla supplichevoli, grida strazianti di dolore, persone sanguinanti che venivano portate via da un mare di agenti di polizia in assetto antisommossa. Dopo l'esodo della polizia, la “visita” alla scuola. Pozzanghere di sangue, aule distrutte, muri strisciati di rosso. Quindi la paura, la rabbia, lo scetticismo, le telefonate, i racconti, le domande. E da allora in avanti, almeno la richiesta di verità. Verità e giustizia. La sentenza di ieri è un passo in questa direzione. Riconosce nel merito che ci sono state responsabilità ai massimi livelli della polizia che, secondo i giudici, hanno mentito, falsificato le prove, accusato ingiustamente delle persone. Negli anni successivi al 2001 abbiamo assistito sgomenti ad una elargizione di promozioni ai dirigenti che la sentenza ha riconosciuto oggi colpevoli di reati gravissimi, condannandoli, anche, a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. E' auspicabile che il ministro competente abbia oggi la decenza di adottare quella misura di sospensione dal servizio che sarebbe stata opportuna già a suo tempo. Gesto che servirebbe, tra l'altro, a 'risarcire' l'opinione pubblica 'fuorviata' dalla pioggia di promozioni ed attestati di stima per aver fatto massacrare centinaia di persone innocenti. Per non ricordarlo solo come evento drammatico della nostra storia, personale e collettiva. Ma per una memoria utile a tutti - non solo a chi fu presente allora - per la ricostruzione di una società basata sulla convivenza pacifica e la responsabilità reciproca”.
Urla supplichevoli, grida strazianti di dolore, persone sanguinanti che venivano portate via da un mare di agenti di polizia in assetto antisommossa. Dopo l'esodo della polizia, la “visita” alla scuola. Pozzanghere di sangue, aule distrutte, muri strisciati di rosso. Quindi la paura, la rabbia, lo scetticismo, le telefonate, i racconti, le domande. E da allora in avanti, almeno la richiesta di verità. Verità e giustizia. La sentenza di ieri è un passo in questa direzione. Riconosce nel merito che ci sono state responsabilità ai massimi livelli della polizia che, secondo i giudici, hanno mentito, falsificato le prove, accusato ingiustamente delle persone. Negli anni successivi al 2001 abbiamo assistito sgomenti ad una elargizione di promozioni ai dirigenti che la sentenza ha riconosciuto oggi colpevoli di reati gravissimi, condannandoli, anche, a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. E' auspicabile che il ministro competente abbia oggi la decenza di adottare quella misura di sospensione dal servizio che sarebbe stata opportuna già a suo tempo. Gesto che servirebbe, tra l'altro, a 'risarcire' l'opinione pubblica 'fuorviata' dalla pioggia di promozioni ed attestati di stima per aver fatto massacrare centinaia di persone innocenti. Per non ricordarlo solo come evento drammatico della nostra storia, personale e collettiva. Ma per una memoria utile a tutti - non solo a chi fu presente allora - per la ricostruzione di una società basata sulla convivenza pacifica e la responsabilità reciproca”.
fonte articolo: cittadigenova.com
ottimo articolo!
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