SOStieni il bene comune

martedì 31 marzo 2009

MAFIA a Genova?


Ricevo ed inoltro
pino parisi

Quelli che la mafia non la vogliono neanche vedere
NANDO DALLA CHIESA
MAFIA a Genova? Non sono stato chiamato a collaborare con Marta Vincenzi su questi temi. Ma visto che ne studio e scrivo da più di trent´anni, e che ho partecipato a diversi organismi istituzionali che se ne sono occupati, chiedo la parola. Suggerirei di assumere come primo riferimento, più che le opinioni dei singoli, la relazione della Commissione parlamentare antimafia del 2006, l´ultima a chiudere un´intera legislatura di lavoro. Vi si trovano ben trentadue pagine dedicate alla Liguria (più che all´Emilia; più che al Lazio), con numerosi riferimenti alla realtà genovese. Da cui emergono due dati: la dissonanza di opinione degli stessi protagonisti istituzionali circa l´esistenza in città della mafia, nelle sue varie forme; la buona incisività degli interventi comunque realizzati in diversi settori investigativi. Il primo dato riflette il cronico dibattito delle regioni del nord: c´é/ non c´è. E nulla lo illustra bene quanto la dichiarazione di una magistrata stimata come Anna Canepa: "Ho speso dieci anni della mia vita professionale per cercare il riconoscimento del reato di associazione di stampo mafioso a Genova", diceva alla Commissione, ricordando di non essere riuscita a ottenere la condanna per tale reato contro noti emissari di Cosa Nostra.
Il secondo dato (l´incisività di alcune operazioni) dimostra che la materia per intervenire c´era e si riproduceva a macchia di leopardo. Le organizzazioni mafiose qui non spadroneggiano sul territorio - era la sintesi della Commissione -, non sono contigue alla politica, ma esistono e tendono a insediarsi ulteriormente per una pluralità di motivi, anche strategici (la Francia, il porto, la Versilia, ecc). Basta leggere gli atti, dunque. Molti nomi sono già lì, se il problema è quello. A me sembra però che il dibattito sorto dall´allarme-denuncia di Marta Vincenzi sia soprattutto un "già visto" in piena regola. Trent´anni fa tipico (per malafede) delle regioni del sud. Da un po´ di tempo tipico (per impreparazione) delle regioni del nord. Con le consuete, e dannose, interferenze della ragion politica. L´altro giorno, solo per fare l´ultimo esempio, il prefetto di Parma ha smentito Saviano sulla presenza della camorra in città. Ma la magistratura emiliana competente lo ha subito smentito a sua volta: a noi invece risulta e ci stiamo indagando; le sono già stati confiscati dei beni, addirittura (come alla mafia a Genova, peraltro). Ancor più clamoroso fu il caso del procuratore generale di Milano che nel ´92 aprì l´anno giudiziario smentendo che vi fossero prove di una presenza della mafia in città e provincia. Era una polemica indiretta contro chi, in consiglio comunale, aveva chiesto e ottenuto una commissione d´indagine sulla mafia. Bene, nei tre anni successivi la Procura di Milano arrestò migliaia (migliaia!) di membri delle cosche calabresi. E il maxiprocesso relativo si concluse con più ergastoli di quanti ne avesse mai irrogati un tribunale siciliano o calabrese. Occorre conoscenza, dunque. E guardia alta, molto alta.Qualche mese fa dei signori con valigetta piena di banconote hanno fatto visita a qualche commerciante di Nervi promettendo aiuto in caso di bisogno. È un classico: crisi di liquidità-usura. Ne è nata un´assemblea pubblica con pubblica denuncia. A parlarne si nuoce all´economia cittadina? Questa, mi si permetta di notarlo, è da sempre la prima obiezione nelle città malate di cultura mafiosa. L´economia cittadina si difende piuttosto tutelando al massimo la trasparenza, la libertà e la sicurezza del mercato, degli affari e dei singoli operatori. Non bisogna cannoneggiare su nessuno. Solo stare attenti e non dimenticare quel che già è accaduto. Il turismo non ne soffrirà. A Roma la confisca (giustamente pubblicizzata) dei beni della banda della Magliana non ha frenato né le visite al Colosseo né quelle ai Musei Vaticani. La mafia, diversamente dalla piccola malavita, non fa borseggi né rapine ai turisti. Si occupa d´altro. Questo almeno dovremmo saperlo tutti.

domenica 29 marzo 2009

Da quattordici giorni il gruppo genovese bloccato a El Arish




rivevo ed inoltro dagli amici di music for peace
pino parisi
"29 Marzo 2009 l’equipe di “Music for Peace” è per il 14° giorno bloccata ad El Arish. La situazione ha dell’inverosimile, ma purtroppo è una concreta realtà. Ambasciata e Parlamentari Italiani si sono fortemente adoperati ed interessati per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari portati ed accompagnati dai volontari dell’Associazione. L’autorità del luogo sembra ignorare qualsiasi comunicazione proveniente da ogni istituzione possibile. Leggi internazionali sono state violate, esose cifre di denaro sono state richieste, riprese video e scatti fotografici proibiti. L’alienazione psicologica è costantemente presente sul border line. Le insensate richieste di documenti aggiuntivi sono state esaudite, ma ogni giorno, ogni ora e ogni minuto compare la necessità di un nuovo foglio burocratico o comunicazione. L’assurdo obbligo di svuotare i due container di alimenti è stato rispettato: in 4 ore Stefano, Samuele, Giuseppe e Mario hanno scaricato 38 tonnellate di generi di prima necessità per permettere l’imballaggio richiesto. Dopo tutto questo “Music for Peace” è ancora bloccata, coatta all’immobilità, costretta ad aspettare un ennesimo permesso. Ricordiamoci che i ragazzi in missione non vogliono passare il confine per una banale gita di piacere o curiosità, ma per portare degli aiuti umanitari, del semplice cibo che in questo momento è assolutamente indispensabile ai civili della Striscia di Gaza."

giovedì 26 marzo 2009

Fermiamo la produzione dei cacciabombardieri JSF


Il governo italiano sta chiedendo al parlamento il parere positivoalla continuazione della produzione di 131 caccia bombardieri JointStrike Fighters che impegneranno il nostro paese fino al 2026 con unaspesa di quasi 14 miliardi di euro.Per la campagna Sbilanciamoci! si tratta di una decisioneirresponsabile sia per la politica di riarmo che tale sceltarappresenta, sia per le risorse che vengono destinante ad un programmasovradimensionato nei costi sia per la sua incoerenza (si tratta diun aereo di attacco che può trasportare anche ordigni nucleari) con leautentiche missioni di pace del nostro paese.In un momento di grave crisi economica in cui non si riescono atrovare risorse per gli ammortizzatori sociali per i disoccupati evengono tagliati i finanziamenti pubblici alla scuola, all'universitàe alle politiche sociali, destinare 14 miliardi di euro allacostruzione di 131 cacciabombardieri è una scelta sbagliata eincompatibile con la situazione sociale del paese.Sbilanciamoci chiede al parlamento di dare parere negativo allaprosecuzione del programma, destinando in alternativa una parte dellerisorse già accantonate a programmi di riconversione civiledell'industria bellica e agli interventi delle politiche pubbliche dicooperazione internazionale, che la scorsa manovra finanziaria hatagliato di ben il 56%.Con 14 miliardi di euro si possono inoltre fare molte altre cose inalternativa. Ad esempio si possono contemporaneamente costruire 5000nuovi asili nido, costruire un milione di pannelli solari, dare atutti i collaboratori a progetto la stessa indennità di disoccupazionedei lavoratori dipendenti, allargare la cassa integrazione a tutte lepiccole imprese.Il parlamento faccia una scelta di pace e di solidarietà; blocchi laprosecuzione del programma. Destini le risorse alla società,all'ambiente, al lavoro, alla solidarietà internazionale.

mercoledì 25 marzo 2009

OCCUPATION 101


Venerdì 27 marzo ore 20.30
Presso “Casa delle Donne” Salita del Prione 26/II° piano – Genova
OCCUPATION 101


Occupation 101 – di Sufyan Omeish e Abdallah Omeish 2006 – ‘ 90 (sott. Italiano)

Il film pluri premiato, è realizzato da due registri palestinesi. Incentrato sull’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, analizza le cause storiche dell’occupazione, la vita sotto il controllo militare israeliano, il ruolo degli Stati Uniti nel conflitto. Diverse le interviste a studiosi, operatori umanitari e attivisti, molti dei quali israeliani e statunitensi.

lunedì 23 marzo 2009

Manifestazione antigronda


Ricevo dai comitati antigronda ed inoltro volentieri


Pino Parisi


Il consiglio comunale ha votato il giorno 17 marzo u.s. in Ordine del Giorno per decidere entro il mese di Giugno il tracciato della Gronda autostradale.

E’ l’ennesimo segnale di sfida nei confronti dei cittadini del Ponente e della Valpolcevera che chiedono da tempo e a gran voce di RIFLETTERE su questa opera DEVASTANTE e utile solo ai poteri forti.

SIAMO STUFI DI SUBIRE IN SILENZIO !!

MARTEDI 24 MARZO ALLE ORE 14
TUTTI A PALAZZO TURSI

Se vogliono decidere così in fretta accetteranno tutto ciò che Autostrade propone senza valutare pro e contro .
La politica deve fare gli interessi della gente e non di chi pensa solo ad arricchirsi spremendo il territorio !!



comitati antigronda

sabato 21 marzo 2009

Bloccati alla frontiera gli aiuti genovesi a Gaza


Una missione umanitaria con aiuti per la popolazione di Gaza promossa dalla associazione genovese `Music for peace´ è bloccata da sei giorni alla frontiera di Rafah (tra Egitto e Palestina) e nonostante interminabili e sfiancanti richieste di documenti da parte delle autorità non riesce a consegnare quattro containers di sussidi.Mercoledì scorso, riferisce un portavoce della missione a Genova, è stato comunicato al responsabile che era possibile la partenza di soli due container e dell’equipe, poi è stata data la possibilità di spostamento ai soli componenti della squadra, ma un nuovo cambio di ordini ha di fatto bloccato ogni spostamento.Dopo vari incontri con la sicurezza egiziana, ed interventi da parte dell’ambasciata italiana, la situazione non è migliorata e `Music for Peace´ è ancora bloccata perché non vuole abbandonare i container contenenti derrate alimentari. «Siamo alla quattordicesima missione e non abbiamo mai incontrato una situazione così paradossale - ha dichiarato Stefano Rebora, presidente di Music For Peace che da 15 anni raccoglie e consegna direttamente gli aiuti ricevuti -. Attualmente, nonostante gli impegni formali di tutte le autorità e le estenuanti trattative i volontari sono bloccati all’esterno del valico di Rafah».

giovedì 19 marzo 2009

LIBERTA’ PER IL POPOLO TIBETANO


-“Il 10 marzo 2009 è stato il cinquantesimo anniversario della pacifica rivolta del popolo tibetano contro la repressione della Cina comunista in Tibet…….Questi cinquanta anni hanno portato indescrivibili sofferenze e distruzioni alla terra del popolo tibetano….I tibetani stanno letteralmente vivendo l’inferno sulla terra” ( dichiarazione del Dalai Lama)L’invasione cinese risale al 2 ottobre 1950, quando Mao Zedong invia in Tibet 40 000 soldati che uccidono 8 000 guardie del Dalai Lama. A metà degli anni cinquanta le milizie comuniste cominciano a svuotare i monasteri.Nel 1955 avviene la prima insurrezione armata dei tibetani, con armi fornite dagli USA.Nel 1956 il governo cinese scatena una sanguinosa offensiva con 50 000 soldati e bombardamenti a tappeto.Nel 1959 il Dalai Lama fugge in India. La repressione cinese ha già fatto 65 000 vittime; 70 000 tibetani vengono deportati nei campi di lavoro; 80 000 fuggono verso i campi profughi indiani e nepalesi. Pochi dei seimila monasteri censiti prima del 1959 rimangono intatti,-Nel marzo 2008 il Tibet vengono commesse aggressioni e violenze contro gli immigrati cinesi ( l’immigrazione esa stata imposta dal governo cinese per indebolire l’etnia tibetana). Segue una feroce reazione poliziesca cinese-Dallo scorso marzo 1200 tibetani risultano “scomparsi”Il Dalai Lama non chiede l’indipendenza, ma una significativa autonomia per la regione tibetana. Ma il governo cinese è sordo ad ogni rivendicazione.

domenica 15 marzo 2009

Urbanistica spianificata: la parcheggite acuta. Malattia immor(t)ale della amministrazione e della sua burocrazia.


di Andrea Agostini

La parcheggite e una malattia molto diffusa fra gli spianificatori pubblici genovesi e ci si potrebbe scrivere un libro.Per comodita di narrazione mi limitero a descrivere un caso circoscritto seppur pregnante. La parcheggite acuta nel quartiere di nervi.Nervi e un quartiere cittadino dell estremo levante cittadinom gia comune autonomo con acune miiaia di residenti ed unanutritissimapresenza di nostagici dell autonomia perduta.Per l argomento che ci interessa, a viabiita ha una situazione moto sempice: due strade una la vecchia aurelia che l attraversa da ovest ad est per buona parte in senso unico. Un atra a nuova aurelia che piu a nord la circunaviga.Orgoglio e sofferenza dei residenti sono i parchi un po maridotti ma soprattutto raggiungibii in auto solo percorrrendo la strettissima via aurelia vecchia per raggiungere l unico park a rotazione nei pressi dea stazione.Per questa ragione ogni fine settimana centro di nervi e ammorbato dai gas di sarico e da rumore generati da una inesauribile lunghissima codadi auto e puman in vana attesa del posto libero al parcheggio.Da un punto di vista dell urbanista il discorso e sempicissimo. Servono parcheggi pubblici a rotazione anche per i pullman che portano turisti al polo museale interno ai parchi.Servono, servirebbero ma non ci sono e non ci saranno.Negli ultimi dieci anni i pianificatori affetti da parcheggite ne hanno previsti tre lungo l asse della vecchia via aurelia. Il primo all altezza dello svincolo di corso europa e un parcheggio privato per xxxx auto grande profitto per i privati grave danno per il pubblico oberato per anni da un cantiere infinito e compensato con qualche vascone cementato con arbusti vari e una piccolissima area per il capolinea di due minibus.Il secondo parcheggio autorizzato dagli spianificatori pubblici sta all angolo tra via marco sala ( un pezzo della via aurelia vecchia ) e via santilario. Anche qui parcheggi privati ma parecchi invenduti. E si perche ogni volta che piove forte si allagano e dopo le disavventure dei primi imprudenti proprietari la voce e girata e i nerviesi si sono tenuti alla larga. Ovviamente i progetto e stato analizzato approvato e collaudato magari in agosto qiando non piove. Poverini i collaudatori. Nessuno gli ha detto degli allagamenti in zona.Ovviamente il comune interviene a nostre spese per asciugare tutto e il contop non lo presenta ai privati, meno che meno agli spianificatori o ai collaudatori idrociechi.Poco piu in la in via casotti ( altro pezzo della via aurelia vecchia. Un altro parcheggio, anche qui solo per privati ( il piu redditizio ) e qui l acqua c e anzi c e un rio che vien giu a vaanga dai monti e si scarica con una cascata sulla passeggiata a mare.Ora tutte le regole della pianificazione urbana in europa recitano che le aree esondabii vanno rinaturalizzate.Ma qui siamo a genova i piaificatori sono affitti da parcheggite e ovviamente hanno autorizzato la costruzione direttamente sul rio con l accortezza di un be tubone in cemento che nessuno cura coi risutati facimente prevedibii alle prime forti piogge e anche qui dopo i primi sfortunati gli acquirenti latitano.Oneri a favore del pubblico un giardinetto e qualche panchina che essendo limitrofi ai parchi ne subiscono la concorrenza restando ( prevedibimente per noi non per gli spianificatori che hanno approvato ilprogetto ).I biancio per i pubblico e sconfortante solo costi e disagi nessuna souzione ai probemi della viabiita.Ma per nulla ammansiti dai risutati di dieci anni di assiduo lavoro gi spianificatori ne hanno autorizzati altri 4.Uno nelle aree della parrocchia ( la carita si sa costa ma anche con la speculazione ? ) xxxx posti , tutti privati in via donato somma ( aurelia nuova ) Nella stessa via altri 250 ( ? ) nell area nota come le streghe, con lo sventramento di un uliveto ( tre? Fasce ) un ascensore privato e 90 posti macchina a rotazione ma solo per 5 ( ? ) anni e poi il proprietario e' libero di venderli tutti a privati. Otretutto il posto e isolato e non servito da mezzi per raggiungere parchi musei e passeggiata a mare e quindi sono posti a rotazione che resteranno vuoti anche in assenza di ipotesi di pedonalizzazione delle aree centrali del quartiere.Il terzo parcheggio sempre in via somma all angolo con via dei floricultori ha visto l autorizzazione all abbattimento di numerosi aberi di alto fusto e in area esondabile ( stesso rio di via casotti ).Il quarto nella stessa via all altezza di capolungo per xxxx parcheggi privati e 27( ? ) pubbici vede una splendida area a serre verde, produttiva e storicamente significativa per l' identita storica del quartiere. Ovviamente questa autorizzazione da parte dei nostri spianificatori e stata possibie grazie ad una inopportuna veriazione da area verde agricola inedificablie ad area a servizi. Anche in questo caso nessuna utiita pubbica significativa e molti danni ambientali certi.In sostanza nessuna programmazione su territorio nessuna utilita pubblica il costante scarico sulle finanze pubbiche dei danni di gestione e costruzione dei singoli e dei privati, il facile profitto per la speculazione fondiaria ed immobiliare basato su una stesura delle regole urbanistiche su linee privatistiche.Questa e una storia vera che vale per nervi ma che e pari pari identica in tutta la citta.E ora di farla finita. I cittadini l hanno capito, i giudici anche. Il mondo politico e le amministrazioni no. Altro che discontinuita: cemento cemento cemento anche il verde tutto in orridi vasconi quello pubblico tutto sventrabile e cementoasfaltabile per far soldi.Ma puo continuare cosi?

mercoledì 11 marzo 2009

Acquasola, il 24 marzo verdetto del Consiglio di Stato


E' stata fissata per il prossimo 24 marzo l'udienza presso il Consiglio di Stato sull'appello presentato dalla Sistema Parcheggi contro la sentenza del Tar che ha bloccato la costruzione del parcheggio del-l'Acquasola. L'udienza è fissata per esaminare la richiesta di sospensiva che, se accolta, sospenderebbe, appunto, immediatamente, l'effetto della sentenza del Tar. Non è escluso, tuttavia, che se i giudici ritenessero di avere tutti gli elementi sufficienti per dare anche un giudizio sul merito dell'appello della Sistema Parcheggi, si passi ad esaminare nella stessa giornata anche quello. Se così non fosse, non dovrebbe passare comunque molto tempo fra il 24 marzo e la data in sui si dovesse esaminare il meritodell'appello. Ed è quindi ancora più singolare che, a tutt'oggi, il Comune non abbia ancora deciso se fare appello o meno contro la sentenza del Tar. «Non ho ancora letto la relazione dell'avvocatura e, quindi, non abbiamo ancora deciso nulla» ha ripetuto ieri il vicesindaco, Paolo Pissarello. Dopo che, qualche mese fa, il Tar aveva accolto il ricorso presentato da Italia Nostra e Legambiente (alle quali si era aggiunto poi il Wwf), bloccando la costruzione del discusso parcheggio, sia il vicesindaco Pissarello che larta Vincenzi avevano dichiarato che il Comune non avrebbe fatto appello al Consiglio di Stato contro quella sentenza. Dopo che, però, la societàSistema Parcheggi ha depositato l'appello, a Tursi sono iniziati i dubbi, perché - ha spiegato Pissarello - la decisione di non appellarsi significherebbe una sostanziale ammissione, da palle del Comune, che qualche tecnico ha sbagliato, visto che la sentenza del Tar "boccia" l'iter amministrativo che. a Tursi, aveva autorizzato la realizzazione del parcheggio. A queste dichiarazioni aveva duramente replicato Andrea Agostini a nome del Comitato per la difesa dell'Acquasola, sottolineando, fra l'altro, l'incoerenza dell'amministrazione. E, a questo punto, è inevitabile che le mosse che farà Tursi avranno un significato soprattutto politico

domenica 8 marzo 2009

8 marzo

riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Per la difesa del lavoro delle donne


per l'autodeterminazione, contro la violenza e il razzismo



Il Governo sta giocando una crociata razzista e xenofoba contro i migranti, che strumentalizza la violenza contro le donne per alimentare una rappresentazione collettiva isterica e fuorviante sul tema della sicurezza. L’obiettivo è di mistificare la realtà e spostare l’attenzione da una verità statistica incontrovertibile: la violenza sulle donne avviene molto più spesso dentro l’ambito familiare che ad opera di sconosciuti. Questo approccio aumenta l’intolleranza e la paura e non affronta il tema dei rapporti di potere nella nostra società, ignorando le tensioni culturali, sociali e economiche del paese, di cui le donne - a casa, nella società e nel lavoro - sono le prime vittime.

venerdì 6 marzo 2009

PBC alla fiera ENERGETICA di Genova





Il governo decide di riavviare in Italia la produzione di energia nucleare, cancellando il referendum del 1987.....
Noi non ci rassegnamo a lasciarli fare

giovedì 5 marzo 2009

Fare un golpe e farla franca


"Fare un golpe e farla franca": quanto avvenuto fra il G8 di Genova 2001 e le prime sentenze dei processi a carico di esponenti delle forze dell'ordine per i fatti della scuola Diaz, nella sintesi brutale ed efficace del film documentario di Enrico Deaglio, Beppe Cremagnani e Mario Portanova proiettato martedì sera presso il Circolone di Legnanoe che sarà riproposto martedì 11 marzo al Museo del Tessile di Busto Arsizio, dove presenzieranno Mirko Mazzali del Genoa Legal Forum e Don Andrea Gallo della comunità di San Benedetto al Porto.Sala strapiena al Circolone per la presenza di ospiti di rilievo collegati alle drammatiche vicende di quei giorni: l'europarlamentare di Rifondazione Comunista Vittorio Agnoletto (foto), uno dei volti più in vista del "movimento dei movimenti", e Haidi e Giuliano Giuliani, i genitori di Carlo, rimasto ucciso negli scontri di piazza Alimonda con i carabinieri - per loro non sarebbe stato, fra l'altro, il carabiniere Mario Placanica a sparare il colpo fatale al ragazzo."La prova generale di un modello di repressione": così Deaglio nel documentario riassume la sensazione di fronte all'ingentissimo spiegamento di forze dell'ordine, che non eviterà alla città la devastazione dei black bloc; si assisterà comunque a scene di violenze gratuite e ideologicamente motivate contro gente inerme, non solo alla scuola Diaz - Giuliano Giuliani definirà «delinquenti in divisa quanti picchiavano in dieci degli inermi a terra». Nel filmato sono intervistate le persone che ebbero responsabilità politiche in quei giorni, fra cui l'allora ministro degli Interni Claudio Scajola, che in una parziale autocritica ammette una scarsa preparazione di parte delle forze dell'ordine presenti, oltre a ricordare la massa di allarmi più o meno bislacchi rilanciati in quei giorni dai media (lancio di sangue infetto, e altre amenità). Il tutto mentre reparti di sicurezza fatti affluire da Roma si esibivano in coretti tipo "un due tre Pinochet", "faccetta nera" ecc. "Si mise in cantiere una strage", con tanto di body bags in quantità; quattro carceri furono in parte svuotate per far posto alla massa prevista degli arrestati: c'è anche questo nel filmato, oltre alle scene indelebili di pestaggi, saccheggi dei black bloc, scontri. Un secondo filmato tratto da O.P. Genova 2001 presenta la tesi cristallizzatasi a sinistra da quei giorni: "le azioni del blocco nero servono a giustificare la repressione dei movimenti", da qui lentezze, esitazioni, ordini di non intervento.«Cosa resta di questo golpe?» si chiede oggi Haidi Giuliani (foto a destra). «Non sarà che continua ancora oggi? Genova non è stata che la punta di un iceberg, e il futuro che attende i giovani d'oggi è molto pesante, un futuro con meno diritti e una Costituzione svuotata». Agnoletto individua responsabilità politiche e delle forze dell'ordine: e se per le prime «l'ordine pubblico era in mano ad AN», tra le forze dell'ordine (ce n'è per tutti, s'intende) ad essere accusato dall'europarlamentare è il "superpoliziotto" De Gennaro, allora capo della Polizia e oggi responsabile del Dipartimento Informazioni Sicurezza che coordina i servizi segreti. È notizia di ieri, ricordava Agnoletto, che resterà a Genova un procedimento a carico suo e di altri due dirigenti con l'accusa di istigazione alla falsa testimonianza. Ma l'europarlamentare comunista racconta anche altri episodi: come quando lui e Casarini ricevettero due buste con proiettili nei giorni subito prima del G8, oppure immediatamente dopo quando gli era stato fatto sapere da un "compagno" che sarebbe stato arrestato, «ma solo dopo i funerali di Carlo Giuliani», e che «l'intero Genoa Social Forum sarebbe stato accusato di associazione sovversiva». Salvo ricevere poi, il mercoledì, «la telefonata di un giornalista dal tribunale di Genova, che mi disse: tranquillo, non l'arrestano, non si è trovato un solo magistrato disposto a firmare un ordine di custodia...» Sul piano politico odierno, in un'Italia dove «si sta realizzando pezzo a pezzo il piano di rinascita democratica della P2», Agnoletto deve ammettere la disfatta delle sinistre, «ma si è fatta cultura, e questa resta». Una cultura che l'esponente comunista declina nel segno dell'antiliberismo, di una rinnovata lotta di classe, ma stavolta su scala globale, e dell'ambientalismo: «altro che quei "socialisti" che al Social Forum mondiale di Belèm non c'erano, perchè erano a Davos».

mercoledì 4 marzo 2009

Scajola ha un'idea atomica




di emiliano fittipaldi e marco preve


Il ministro atomico Claudio Scajola proprio non se l’aspettava che i suoi uomini potessero trasformarsi in epigoni di Bassolino e Iervolino. Nemmeno fossimo a Napoli o Afragola, piuttosto che nella civilissima Riviera dei Fiori. Lo smacco, invece, è arrivato: la Regione Liguria (di centrosinistra) ha commissariato la Provincia imperiese governata da Forza Italia, spedendo l’ex prefetto di Genova Giuseppe Romano a gestire l’emergenza rifiuti. Sarà una bella gatta da pelare: il territorio della zona è piccolo e montuoso, i siti adatti a realizzare sversatoi pubblici si contano su una mano, termovalorizzatori nessuno ne vuole e i comuni, quasi tutti scajolizzati, soffrono della sindrome “nimby”, i rifiuti ovunque, ma-non-a-casa-mia. Ma esclusa la spazzatura che insozza il suo feudo elettorale, “u Ministru”, come lo chiamano dalle sue parti, non ha preoccupazioni di sorta. Titolare dello Sviluppo economico e collezionatore di deleghe pesanti (controlla le Attività produttive, le Comunicazioni e il Commercio internazionale), gestisce un impero in crescita costante, anche grazie a un sistema di potere capillare che ne fa, insieme a Giulio Tremonti, l’uomo più influente del governo. I due ora lottano per mettere il cappello sul nucleare che verrà: l’imperiese per ora è in pole, mentre l’economista, azionista di riferimento dell’Enel che ha appena concluso un accordo con la francese Edf per costruire quattro nuove centrali, sta tentando di fermarne l’attivismo. Sarà difficile, visto che Berlusconi in persona ha abbracciato la sua causa firmando un patto con Nicolas Sarkozy per produrre insieme energia nucleare. Signore assoluto del Ponente ligure, accusato di aver creato il volo Roma-Albenga per le sue necessità di pendolare, appassionato d’auto d’epoca, pallanuoto e fornelli (è membro dell’Accademia italiana della cucina), Scajola, per bocca di alti dirigenti della Confindustria, «non avrà in mano il controllo della spesa, ma è tra i più ascoltati dal Cavaliere ed è il vero padrone della macchina di Forza Italia. Le imprese, quando vogliono qualcosa, devono bussare alla sua porta». Il peso politico conta, ma non basta. La leva è, come sempre, nel denaro: il ministero gestisce oltre 5 miliardi di euro l’anno di incentivi e contributi a fondo perduto destinati all’industria privata nazionale, e altri pacchetti destinati alle aziende di Stato. Un’assistenza che fa rima, in tempo di crisi, con sopravvivenza. Paradossalmente l’ex democristiano di economia non si è mai interessato granché. Uomo di partito, inizia a occuparsi di aziende ed energia solo nel 2005, quando Berlusconi, a tre anni dalle dimissioni da ministro dell’Interno (definì Marco Biagi, ucciso dalle Br, «un rompicoglioni» davanti a due giornalisti), lo richiama alle Attività produttive al posto di Antonio Marzano. Ci si trova bene, su quella poltrona, tanto che dopo la breve parentesi Bersani la richiede indietro. La sua rete oggi lega insieme controllori e sostenitori dell’industria nucleare ed energetica, banchieri fedeli, imprenditori, massimi boiardi di Stato e alte sfere ecclesiastiche. Il centro della ragnatela è, ovviamente, in Liguria. Imperia è da cinquant’anni poco più del giardino di casa della famiglia Scajola: il padre Ferdinando, degasperiano doc, è stato primo cittadino nel dopoguerra, lasciando poi il testimone prima al fratello fratello maggiore Alessandro e poi, nel 1982, a Claudio, che da giovane si è fatto le ossa nel movimento giovanile della Dc, nell’Inpdap, all’Ospedale Costarainera e all’Usl locale. Qui Scajola conta su una dote elettorale enorme, e i fedelissimi forzisti che siedono in Parlamento sono una trentina. «In ogni commissione», spiega un importante lobbista milanese, «c’è un suo uomo. Vede tutto, non gli sfugge nulla. Soprattutto nel campo strategico dell’energia». Il presidente dell’Enea, il genovese Luigi Paganetto, è un suo uomo: fu proprio Scajola nel 2005 a proporlo come commissario straordinario per la sostituzione del Nobel Carlo Rubbia. Sotto la Lanterna ha sede la Ansaldo Nucleare, l’azienda controllata dalla Finmeccanica. Il colosso militare ha un rapporto stretto col ministro: solo per la nuova autoblindo a otto ruote Vbc Freccia (concepita nei lontani anni Ottanta) lo Sviluppo economico ha già stanziato 310 milioni di euro, mentre per le fregate Fremm (le navi firmate Fincantieri sono fatte in Liguria, così come radar, sistemi elettronici e armamenti annessi targati Finmeccanica) Scajola ci mette la bellezza di 800 milioni di euro. Il legame è anche personale: il big dell’imperiese ha ottimi rapporti con l’ad Pierfrancesco Guarguaglini, mentre nel cda siede un suo vecchio amico, Piergiorgio Alberti, 65enne di Sanremo, che da giovane militava nella stessa corrente (dorotea) di Claudio. Nel collegio sindacale c’è Silvano Montaldo, tesoriere regionale degli azzurri, piazzato anche al famigerato aeroporto di Albenga e recentemente nominato dal ministro commissario straordinario della Merloni, il gruppo di elettrodomestici. Anche Alberti è uno che colleziona cariche nelle aziende che contano: attualmente siede su indicazione di Mediobanca nel consiglio della Parmalat, in passato è stato nei cda delle imprese di Marcellino Gavio e della Carige. L’istituto, il primo della Liguria e l’ottavo in Italia, è lo snodo finanziario dello Scajola Power: il fratello Alessandro ne è vicepresidente, Pietro Isnardi, il consuocero con interessi nell’immobiliare e l’alimentare, fa parte del consiglio. «Scajola avrà un pessimo carattere e i modi modi del “ganassa”», chiosa un esponente del Pd che lo conosce bene, «ma è uno che sostiene le imprese con i fatti, difende il sistema Paese e, contemporaneamente, i suoi interessi politici». Se Eni ed Enel sembrano ascoltare soprattutto l’azionista di riferimento, ossia il Tesoro di Tremonti, Fiat e Telecom hanno intuito che il loro futuro prossimo venturo dipenderà soprattutto da re Claudio. Che prima ha difeso le istanze di Sergio Marchionne sul bonus rottamazione (la Lega era contraria a nuovi aiuti), poi ha iniziato a studiare il piano per lo scorporo della rete fissa da Telecom. Un dossier delicatissimo: Mediaset sarebbe interessata a lanciarsi nella televisione via Internet e nelle telecomunicazioni, Scajola dirà la sua. Altro pallino del ministro è la disciplina. Sotto la sua guida il ministero si sta trasformando in una caserma. Sono stati cambiati 16 direttori generali, che impareranno presto come ordine e rispetto delle gerarchie siano imperativi categorici. Pare che Scajola in privato chiami i collaboratori «i miei soldatini». Viste le premesse, sembra naturale che l’antica passione per la Be- nemerita non abbia vacillato nemmeno nel dicembre del 1983, quando a ora di cena i carabinieri di Milano bussarono alla porta dell’allora giovane sindaco per accompagnarlo in galera. L’accusa era di concussione aggravata, in un affare di mazzette (epicentro dello scandalo il casinò di Sanremo) da cui fu poi scagionato. Ventisei anni dopo, di nuovo ministro, Scajola ha voluto come capo dell’Ufficio per gli affari generali un colonnello dei carabinieri. Non un militare qualunque, ma Roberto Massi, già capo del personale al Comando generale e, fino al 2007, comandante del reparto operativo di Roma. «Una mente», dicono in molti. Laureato in legge, negli ultimi due anni si è occupato di inchieste importanti come quella su Lady Asl (che ha portato all’incriminazione di pezzi da novanta di An), Calciopoli e l’affaire Storace. Nella squadra del ministro c’è di tutto: liguri doc, ambasciatori, ex prefetti, imprenditori. Se Paola Girdinio, preside della facoltà di Ingegneria di Genova, è tra gli esperti che decideranno a chi destinare i 200 milioni del programma “Efficienza Energetica”, i suoi tuttofare sono il fidato Michele Scandroglio (fino a poco tempo fa all’Isvap e alla Carige, oggi è stato eletto alla Camera norestando vicepresidente di una società di consulenza e consigliere di imprese per il recupero crediti) e Raffaele Lauro, senatore Pdl nominato suo “consigliere politico”. Amico di Giuliano Tavaroli, natali a Sorrento, folgorato in gioventù dal carisma di Antonio Gava, Lauro fu indagato e poi prosciolto per la storia dei fondi istituzionali utilizzati dai dirigenti del Sisde, ed è un vecchio protégé di Scajola: capo di gabinetto nel 2005, nominato nel cda della Carige l’anno successivo, presidente della commissione Antiracket e antiusura. Oggi siede pure nel “board” dell’Antimafia. L’attuale segretario particolare è invece Giuseppe Guerrera, che aspetta da due anni l’esito di un indagine della Procura di Sanremo che lo ha indagato per corruzione, mentre un altro uomo-chiave è Daniele Mancini, assunto come consigliere diplomatico mentre era ambasciatore in Romania. Elegante e influente, ottimi rapporti con le imprese venete che investono miliardi a Timisoara e dintorni, cura tutti i contatti con il dipartimento per il Commercio estero. «Finché il sottosegretario Urso avrà le deleghe, le aziende devono rivolgersi a lui», spiegano da Confindustria. La rete del ministro non poteva prescindere dalle entrature nelle alte sfere del Vaticano. Seguendo l’esen mpio del papà Ferdinando, legato al segretario di Stato di Giovanni XXIII, Domenico Tardini, Scajola junior ha cucito rapporti eccellenti con Crescenzio Sepe. Tanto che nel 2004 l’arcivescovo di Napoli, quando comandava gli uffici di Propaganda Fide, chiamò la moglie Maria Teresa Verda nel comitato scientifico che avrebbe dovuto far nascere un museo con le opere della congregazione. I collaboratori del cardinale commisero al tempo una gaffe da Guinness, convocando invece della professoressa a contratto, l’omonima Donatella Scajola, teologa e biblista di fama. Un piccolo incidente di percorso. Oggi l’eminenza preferita dal ministro è l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, che ha fatto carriera diventando presidente della Cei. L’amicizia è solida, le occasioni d’incontro non si contano. Il patriarca qualche giorno fa gli ha consegnato personalmente il premio San Francesco di Sales promosso dal Monastero della Visitazione. La serata tutta abbracci e complimenti è finita però con un codazzo di ironie: il presidente della giuria era la professoressa Verda. Nessuna omonimia stavolta. Si tratta proprio di Maria Teresa, la moglie di re Claudio in persona.

lunedì 2 marzo 2009

«A che cosa serve un'opera che assorbirà soltanto il 26 per cento del traffico?»


Quello che ancora non è stato dimostrato è l'utilità della gronda, anzi: i dati forniti da Autostrade dicono che non serve, perché assorbirebbe, al massimo, il 30 per cento del traffico». Lo afferma Andrea Bignone, responsabile del gruppo mobilità di Italia Nostra, che sta, seguendo il "dibattito pubblico", «n "dibattito pubblico" è certamente da sostenere, perché per la prima volta Autostrade è stata costretta a rendere pubblici dati e documenti che non aveva mai dato e che, probabilmente, senza il "dibattito pubblico", non avrebbe mai fornito» commenta Bignone che, però, su questi dati ha molto da dire. «il fatto che la stessa commissione che gestisce il "dibattito pubblico" - Osserva - abbia chiesto di rivedere, al ribasso, i dati di crescita del traffico e che, dopo, Autostrade abbia previsto una riduzione del 50 per cento del traffico portuale nel 2025, la dice lunga sulla superficialità dei dati forniti. Senza contare le numerose contraddizioni che si registrano e il fatto che Autostrade non disponga o comunque non abbia fornito dati aggiornati». Altri limiti individuati riguardano la poca chia-rezza sulla distinzione fra traffico merci e leggero e la «mancanza di una visione della mobilità nel suo complesso: non si citano mai le ferrovie - osserva Bignone - ma solo le auto, in una visione completamente autocentrica». Quindi la questione di fondo: «I dati forniti da Autostrade - spiega l'esponente di Italia Nostra - non giustificano la realizzazione della gronda che ormai anche loro definiscono un raddoppio della AIO. La previsione, infatti, è quella di uno spostamento del 25-26 per cento del traffico, 30 al massimo, il che vuol dire che il 70 per cento del traffico resta a Genova e che la nuova infrastruttura sarà inutilizzata per il 70 per cento. Certamente l'opera serve ad Autostrade, ma lasituazione in città di fatto resterebbe invariata, anzi, visto che - sottolinea Bignone - non si prevede neppure il declassamento del tratto urbano della AIO, il rischio è che, con la nuova strada a mare e l'allargamento di lungomare Canepa, si congestioni tutta la viabilità a mare urbana, con possibili ripercussioni anche su corso Italia, soprattutto se si realizzerà il tunnel sotto il porto». Il rischio, quindi, secondo l'ambientalista, è che «prima si faccia l'opera e poi la si giustifichi. L'opzione zero - spiega - non significa non fare niente, ma conoscere e studiare il territorio per capire se può sostenere un' opera. Se si verifica che quell'opera non è sostenibile, non significa che non si debba fare nulla ma che si può fare un'altra opera». DaU'amministra-zione comunale che, almeno fino a un certo punto del dibattito pubblico è rimasta «al balcone», Bignone si aspetta quindi che, pur avendo escluso l'opzione zero, abbia «il coraggio di dire che se i dati confermeranno che la gronda non serve, non si farà. Al suo posto si potrà realizzare un'opera utile davvero alla città».[a.c.)